L'ultima scommessa by Unknown

autore:Unknown
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sellerio Editore
pubblicato: 2014-04-15T00:00:00+00:00

Quindici

«Un posto dove possiamo trovare i cornetti anche adesso, io lo conosco. È aperto 24 ore su 24. E si trova alla fine del sottopassaggio del Tribunale». Baiamonte sfoderò il suo orgoglio rionale (il bar in questione, anche se a lui non capitava spesso di aver voglia di cornetti in orari insoliti, «manco fossi una donna con le voglie della gravidanza», si trovava poco distante da casa sua), e cercò di guadagnarsi un tono da protagonista dopo una nottata da comparsa.

«Ma che bisogno c’è di arrivare sino a là sotto... vero, Stefano?» lo disarmò subito il Professore, trovando l’immediata complicità dell’uomo degli ovetti. «Abbiamo tutto quello che ci serve a pochi passi».

E il bizzarro trio, Professore in testa, girò su via Crispi in direzione del mercato ortofrutticolo. Percorsero il tragitto in un silenzio privo di tensioni. Avevano voglia di respirare l’aria pungente dell’alba, di riordinare le idee (Baiamonte), e di godersi l’emozione della vincita (il Professore). Solo Stefano, che non aveva mai mostrato segni di cedimento né alla stanchezza né alla noia, canticchiava allegro una canzonetta incomprensibile. A questo qui, pensò Enzo, nelle vene gli deve scorrere caffè al posto del sangue: scommettiamo?

«Eccoci arrivati» proclamò il Professore, anche se non c’era bisogno di annunci per capire che si trovavano di fronte a un bar già in piena attività. «Qui si danno da fare di buon mattino o, se vogliamo, di mala notte. Servono i lavoratori del mercato. A quest’ora c’è già un vivamaria di camion che vengono dalle campagne, di scaricatori che infilano la merce nelle cassette, di fruttivendoli che cercano di accaparrarsi la frutta migliore e di ambulanti pronti a litigare per spartirsi quella di seconda scelta, che poi rivenderanno in nero a un prezzo molto più basso... Ah, questo è il cuore di Palermo. Un giorno di questi ci debbo scrivere un racconto».

Il Professore era davvero euforico, notò Enzo: «E vorrei vedere chiunque al suo posto, dopo aver vinto la bellezza di tremila euro...».

«Stefano, prova questi cartocci con la ricotta, li hanno appena fatti». Il Professore, che aveva già addentato una brioche ripiena di crema di cioccolato, si coccolava l’uomo degli ovetti invitandolo a non fermarsi al semplice cornetto su cui era caduta la prima scelta, condivisa tra l’altro da Enzo.

Un atteggiamento che ormai a Baiamonte risultava comprensibile. Non si trattava di slancio amicale o generoso paternalismo: il Professore era convinto, come gli altri avventori del tavolo di poker attorno al quale avevano trascorso la notte, che Stefano Varvaro fosse l’artefice del buon gioco, il folletto del mazzo di carte francesi capace di dispensare, per simpatia o semplice bizzarria, le combinazioni vincenti, di regalare l’asso o la regina al posto giusto e nel momento giusto.

Quello a cui stava assistendo Enzo era quindi, né più né meno, il rito di un obolo gastronomico, di un ex voto laico necessario per sdebitarsi. Stefano come la Santuzza. Ma la cosa più stupefacente era che gli altri, quelli che avevano perso, non ce l’avevano mica con lui.

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